Passata la lunga fase di ricerca e osservazione, la maggior parte degli studenti ha iniziato seguendo un metodo lineare: dall’idea di un prodotto, o di uno stile preciso per la forma delle strutture filiformi, o ancora dal bel disegno di un certo tipo di superfici di sapone, per poi cercare di far funzionare tutto il resto. Alcuni di loro hanno insistito su questo percorso mantenendo con forza l’idea iniziale, sforzandosi di far funzionare i risultati lungo tutto il percorso di sviluppo del progetto. Uno studente molto coinvolto, ad esempio, ha dichiarato da subito di voler ideare una scarpa dal design innovativo. Dopo diverse prove è riuscito a ottenere una forma simile a una scarpa fatta di superfici di sapone. E’ stato un risultato dall’aspetto piuttosto innovativo e interessante. Non è stato in grado, però, di controllarne le conseguenze. Non riuscendo a ottenere l’aspetto voluto con una soluzione semplice, ha dovuto creare una struttura carica di fili di ferro, necessari per vincolare le superfici. Il risultato è stato una sorta di gabbia, essa stessa, dall’aspetto di una scarpa. Ha rinunciato, così, alla bellezza dell’effetto sorpresa che, invece, chiedevamo di mantenere e che caratterizza il lavoro con il sapone.
Faticando a ottenere risultati, la maggior parte dei ragazzi si è lasciata andare in una produzione massiva di esperimenti, passando da un argomento all’altro in modo apparentemente casuale. Producevano forme col filo, le immergevano, le osservavano, ragionavano su prodotti che gli facevano venire in mente altre superfici per poi provare a realizzarle e con strutture nuove e così via, in un processo continuo e non lineare. Hanno riconosciuto loro stessi come fosse il metodo più efficace. Sicuramente, sono il gruppo che ci ha restituito più ricchezza in termini di quantità e qualità dei risultati. Nella ricerca sui metodi di apprendimento, questo viene chiamato approccio adattativo ed evolutivo. Abbiamo concordato nel considerarlo, fino ad ora, il metodo più efficace, anche se fortuito, per affrontare l’esercitazione. Le numerose prove, pero’, hanno comportato un dispendio di energie considerevolmente alto. I ragazzi si sono stancati più del dovuto, perdendo, a volte, l’obiettività e il senso del lavoro che stavano facendo.
Alcuni studenti tra i meno presenti sono riusciti a ottenere risultati piuttosto interessanti. Puntando al minimo sforzo e quindi alla semplicità, hanno scelto di partire da forme elementari facendo, poi, piccoli interventi di trasformazione. Non hanno ottenuto nulla di particolarmente innovativo, ma le loro proposte sono riuscite a convincere perché ben controllate in tutti e tre gli ambiti. Discutendo è emerso come, effettivamente, più un sistema sia complesso, più convenga che sia progressivo e discreto l’intervento di innovazione. Dall’altra parte, però, questo ci può far ragionare su come contesti meno condizionati da sistemi complessi possano risultare più fertili per il nostro lavoro di creativi. Come, quindi, ci potrebbe convenire ricercare e intervenire soprattutto in tali contesti.